Davanti alla morte nessuna vita umana vale più di un’altra. Certo che perdere nello stesso giorno, a distanza di poche ore, due campioni, due simboli del motorismo di un’intera nazione è una mazzata difficile da immaginare ed ancora più dolorosa da elaborare. Eppure è successo. È successo a quell’Italia che stava cercando di risollevarsi dopo le tragedie del secondo conflitto mondiale e che confidava nei successi nello sport per tornare nuovamente alla vita. Le vittorie del Grande Torino nel calcio, le medaglie d’oro del discobolo Adolfo Consolini e del Settebello di pallanuoto alle Olimpiadi di Londra 1948, oppure i trionfi di Fausto Coppi e Gino Bartali nel ciclismo. Confidava anche nel campione di automobilismo Achille Varzi e nel coraggio infinito del centauro Omobono Tenni. Che trovarono entrambi la morte il 1° luglio 1948 sul circuito del Bremgarten a Berna, in Svizzera.
Erano nati a pochi mesi di distanza, l’8 agosto 1904 a Galliate (Novara), Varzi ed il 24 luglio dell’anno dopo a Tirano, in provincia di Sondrio, Tenni. Il novarese dopo una brillante carriera in moto era passato alle quattro ruote diventando subito l’alter ego dell’amico-rivale Tazio Nuvolari. Pilota ufficiale Alfa Romeo, Bugatti ed Auto Union aveva saputo vincere la Mille Miglia e per due volte la Targa Florio oltre a tanti Gran Premi di valore, compreso quello di Monaco. Accanto al pilota dalla classe sopraffina c’è anche l’uomo sprofondato nella dipendenza dalla morfina, trascinato nel vizio dall’amante Ilse Hubitsch moglie del compagno di squadra all’Auto Union Paul Pietsch, e capace di risalire la china abbandonando i fantasmi della sua vita precedente.
Omobono Tenni, pur con qualche ottima esperienza in auto (fu quinto alla Mille Miglia del 1936 con una Maserati), ha legato il suo nome alle due ruote ed in particolare alla Moto Guzzi. Tra le tante competizioni vinte spicca il Tourist Trophy del 1937, che si corre sulle tormentate strade dell’Isola di Man, con la Guzzi 250.
Entrambi dopo la fine del secondo conflitto mondiale sono ormai in declino ma ancora capaci di recitare un ruolo da protagonista. Si iscrivono al Gran Premio di Svizzera che si corre sul circuito stradale di Bremgarten, nei pressi di Berna. All’epoca non era infrequente che auto e moto corressero negli stessi giorni sullo stesso tracciato. Il 1° luglio 1948 è un giovedì e sono in programma le prove libera della gara che si disputerà nel fine settimana.
Tenni è iscritto con la nuova Guzzi 250 Bicilindrica ma decide di girare, per prendere familiarità con il tracciato lungo poco più di sette chilometri, con la collaudata Albatros 250. L’asfalto è bagnato per la pioggia caduta in mattinata. Sono circa le 14: Tenni fa un primo giro ed inizia il secondo ma alla curva Eymatt, dove il tracciato sta per iniziare il “ritorno” verso il rettilineo principale, la pedana destra della moto s’impunta nell’asfalto sbalzando il pilota italiano contro un albero; l’impatto è tremendo e per Tenni, da anni residente a Treviso, non c’è scampo. Muore per frattura del cranio durante il trasporto all’ospedale. Si pensò che avesse piegato troppo verso destra ma nelle ore successive si fece strada anche una seconda ipotesi: uno svenimento improvviso dato che prima di iniziare il giro di prova, il corridore aveva accusato un malessere e dolori di stomaco. La sua squadra gli aveva consigliato di rimandare le prove all’indomani ma lui saltò sulla moto affermando di volersi allenare ad ogni costo.
Lo sgomento è enorme, così come il dolore ma le prove non si fermano. Qualche ora dopo, sono le 19, tocca alle automobili girare sul tracciato elvetico. Varzi è iscritto con un’Alfa Romeo Alfetta 158 e piove quando entra in pista per saggiare l’asfalto. Fa un giro, torna ai box, da ai suoi meccanici gli occhiali e chiede un impermeabile per ripararsi dalla pioggia. Riparte ma non arriva al punto fatale al collega italiano: poco prima della Eymattkurve, nel tratto in discesa compreso tra la passerella Eicholz e le tribune Jorden, per la pioggia perde il controllo della sua Alfetta che con la parte anteriore urta contro una barriera in legno a bordo strada. L’Alfa inizia a volare, compie parecchi giri su sé stessa prima di capovolgersi e schiantarsi a terra. Achille Varzi rimane sotto la pesante vettura e riporta la frattura del cranio. Qualche secondo dopo arriva Louis Chiron che frena a stento, salta giù dalla macchina e corre in soccorso dell’italiano ma per Achille non c’è più nulla da fare.
L’Italia perde due campioni, ma prima di tutto due uomini di valore.