Anche se è nato in Germania, più precisamente a Stoccarda, il 18 agosto 1934 Michael May è un ex pilota svizzero da sempre vissuto nella zona di Berna. Con il casco in testa i suoi risultati non sono particolarmente memorabili anche se ha partecipato a due Gran Premi di Formula 1. All’età di 18 anni guida una moto Kreidler K50 con un motore da due cavalli che, forte dei suoi studi, impara a dotare di iniezione di carburante. Dopo il diploma di scuola superiore, frequenta l’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia per iniziare gli studi di ingegneria meccanica.

Nel 1956 May partecipa a qualche gara di durata con una Porsche 550 Spyder prima di passare alla Formula Junior. In questa categoria, al volante di una Stanguellini, vince il prestigioso Gran Premio di Monaco 1959 e nella stessa stagione si piazza secondo sul circuito cittadino di Pau ed all’Eifel. In quell’anno, come ingegnere, lavora per Mercedes occupandosi dello sviluppo dei propulsori

Nel 1961 riesce ad affacciarsi in Formula 1 con una Lotus 18 a motore Climax della scuderia Colonia. Sul circuito cittadino di Monte Carlo parte tredicesimo ma deve abbandonare per la rottura del cambio mentre a Reims, nella gara vinta da Giancarlo Baghetti, è ventiduesimo in prova ed undicesimo all’arrivo. E’ iscritto anche al GP di Germania sul circuito del Nurburgring ma è vittima di un incidente in prova che metterà fine alla sua carriera.

Però Michael May più che come pilota è ricordato come ottimo tecnico. A lui, infatti, si deve l’introduzione dell’alettone sulle vetture da competizione. Succede alla 1000 Km del Nurburgring 1956, prima uscita con la Porsche 550 Spyder appena acquistata, dove è iscritto con il cugino Pierre May. L’auto è dotata di un vistoso “tetto” di colore arancione che poggia su due puntoni piazzati ai lati dell’abitacolo. L’alettone, studiato nei mesi precedenti e testato sulle strade periferiche di Berna, ha la conformazione di un’ala rovesciata e presenta profili verticali sagomati che aumentano il carico aerodinamico e riducono i vortici d’aria. L’esperimento funziona perchè i due svizzeri in prova segnano tempi decisamente più bassi di quelli degli equipaggi ufficiali Porsche, ovvero Von Trips-Maglioli e Von Frankenberg-Hermann. Basti dire che nelle prove del venerdì i due svizzeri ottengono il quarto tempo assoluto davanti a vetture ben più potenti. Fritz Huschke von Hanstein, direttore del reparto corse Porsche, va su tutte le furie e riesce a convincere i commissari sportivi a giudicare “non sicura” la vettura di Michael e Pierre May che dovranno correre senza la loro strana appendice di colore arancione. Ma ormai il seme è piantato e l’idea dell’alettone verrà ripresa con successo a metà del decennio successivo da Jim Hall per la sua Chaparral.

Appeso il casco al classico chiodo Michael May lavorò per Bosch per cui si occupa di impianti di iniezione di carburante mentre nel 1963 venne assunto alla Ferrari dove, di nuovo, si occupò di affinare il sistema di iniezione per le monoposto di Formula 1. Nel 1969 decide di mettersi in proprio e fonda la Turbo May GmbH. Negli anni a venire sarà consulente per molti Costruttori interessati all’innovativo sistema del turbocompressore. Michael May ha lavorato molto con Ford ma anche con Alfa Romeo, BMW ed ha dato una mano ai tecnici Lancia sul motore della Stratos.