Nel periodo tra le due guerre la Bugatti è una delle Case automobilistiche più importanti d’Europa, le sue vetture vincono su diversi circuiti e i modelli sono ricercati dal jet set internazionale. Eppure la fine è vicina. Il declino inizia con la morte a soli trent’anni di Jean, il figlio di Ettore Bugatti, l’11 agosto 1939 mentre sta collaudando la Tipo 57. Di lì a due anni, dopo l’occupazione della Francia, la fabbrica di Molsheim viene requisita dall’esercito tedesco. Ettore Bugatti è di fatto obbligato a cedere l’azienda per la cifra di 150 milioni di franchi molto meno del suo reale valore. Finita la guerra, la fabbrica, pressoché distrutta, viene confiscata dal governo francese. Ettore Bugatti, rimasto sempre cittadino italiano, non riceve alcuna indennità per danni di guerra. Nel 1946 ottiene la cittadinanza francese e fa causa allo Stato per riavere la sua azienda ma il verdetto gli è contrario. Già ammalato, è colpito da un’embolia. L’11 giugno 1947 vince in appello ma è ricoverato in coma all’ospedale americano di Neuilly-sur-Seine, dove morirà il 21 agosto.

Eppure la Bugatti ha ancora un colpo di coda nell’immediato dopoguerra. I cinque figli viventi di Ettore Bugatti affidano la direzione della fabbrica a Pierre Marco, da lungo tempo collaboratore del fondatore. Con lui entrò in azienda uno dei figli, Roland Bugatti, nato nel 1922. Nel 1951 si tornò a produrre automobili: nasce la Tipo 101 che manteneva la meccanica della Tipo 57 ma che venne costruita solo in qualche decina di esemplari. Nel 1953 lo stop della produzione.

Come mossa disperata Roland Bugatti, sicuramente non all’altezza del padre e del fratello, volle entrare in Formula 1 nonostante l’avversità di Pierre Marco, basata su due aspetti: le finanze decisamente in crisi e lo scarso carisma di Roland, a differenza di papà Ettore e del fratello Jean, su tecnici e personale. Il progetto parte nel 1953 e Marco chiama l’ingegner Gioacchino Colombo a cui si devono monoposto vincenti come l’Alfetta 158, la Maserati 250F ed il primo V12 della Ferrari. Peccato che il lavoro del tecnico italiano venga intralciato da Roland Bugatti, deciso a imporre le proprie idee. Colombo guardava come modello alle Auto Union, il giovane Bugatti voleva mantenere le soluzioni tecniche della Casa, ormai non più al passo con i tempi.

Colombo per la Tipo 251 disegnò un telaio tubolare con il motore posteriore-centrale, come le Auto Union progettate da Ferdinand Porsche a metà degli Anni ’30 e le più recenti Cisitalia Grand Prix disegnate da Rudolf Hruska sulla base della Porsche 360. Un’idea innovativa che in poche stagioni avrebbe preso piede in F1. Per meglio distribuire i pesi Colombo piazzò il motore in posizione trasversale anziché longitudinale con il risultato di trovarsi una vettura con un telaio largo ed il passo (era di 2200 mm) corto. Il propulsore era un otto cilindri, ovvero due motori da quattro cilindri accoppiati, di 2431 cc alimentato con quattro carburatori Weber DC042. Erogava 235 CV a 7.500 giri, le migliori unità dell’epoca avevano cinquanta cavalli in più a circa 9.000 giri. I freni erano a disco ma poi lasciarono il posto a quelli a tamburo della Tipo 57. Come sulle Auto Union i tubi del telaio servivano anche per far arrivare il liquido di raffreddamento dal radiatore, posto anteriormente, al motore.

I primi test si svolgono a metà del 1955 e ci si accorge subito che il passo troppo corto non va bene, così come la geometria delle sospensioni. Inoltre la monoposto è troppo pesante. Si torna in officina: il passo viene allungato di dieci centimetri e sull’asse anteriore le molle elicoidali lasciano il posto ad una balestra trasversale.

Il debutto è previsto nel Gran Premio di Francia 1956 che si corre il 1° luglio sul circuito di Reims. La Bugatti Tipo 251 (furono portati entrambi gli esemplari), equipaggiata con pneumatici Englebert, venne affidata a Maurice Trintignant che, con la monoposto a passo corto, si qualificò con il diciottesimo tempo davanti alla Gordini di André Pilette ed alla Maserati privata di André Simon. La cosa più grave era il ritardo di 18”6 da Fangio, autore del miglior tempo… In gara Trintignant riuscì a issarsi al tredicesimo posto ma al diciottesimo giro, in tutto ne erano previsti 61, dovette fermarsi per la rottura dell’acceleratore.

Scendeva così, malinconicamente, il sipario sulla gloriosa storia della Bugatti.