Senza dubbio quando si parla di motori da corsa a marchio Ford subito pensiamo al DFV elaborato dalla Cosworth, l’otto cilindri d 3 litri che per una quindicina d’anni fu il protagonista della Formula 1 ed anche delle gare endurance. Però Mike Costin e Keith Duckworth sono stati i “papà” di tanti altri propulsori sportivi con il marchio dell’ovale Blu. Come il BDA.
Nella seconda metà degli anni ’60 la Ford Escort montava prima il motore di 1,3 litri e poi il Twin Cam di 1.600 cc derivato da quello utilizzato dalla Cortina Lotus. Ma i tecnici Ford volevano un propulsore ancora più spinto per una versione sportiva della Escort. Inizialmente si pensò di aumentare la cilindrata del bialbero ma per incrementare l’alesaggio si sarebbero rese più sottili le pareti dei cilindri mettendo a rischio l’affidabilità del propulsore. Si decise, quindi, di progettare un nuovo motore affidandosi alla Cosworth di Mike Costin e Keith Duckworth che qualche anno prima avevano avviato un’azienda di progettazione chiamata, unendo i loro cognomi, Cosworth.
La base di partenza era il quattro cilindri FVA utilizzato in Formula 2 con il monoblocco del Kent crossflow. Venne fuori un quattro cilindri di 1599 cc con quattro valvole per cilindro e doppio albero a camme comandato da una cinghia dentata che sostituiva il comando a catena, troppo rumoroso. La sigla scelta fu BDA, vale a dire Belt Drive serie A, ed equipaggiò l’Escort RS1600 messa in vendita nel 1968 al costo di 1.500 sterline.
Con un rapporto di compressione di 10:1, nella versione stradale il Ford BDA sviluppava 121 CV a 6500 giri. Nel 1969, ovvero l’anno dopo, si iniziarono a vedere in gara le Escort Gruppo 2 con una potenza di 140 CV a 6800 giri mentre nel 1970 arrivano le Escort con il motore BDB che è la prima evoluzione del BDA: ha una cilindrata aumentata a 1701 cc ed una potenza di 180 CV a 7500 giri. I cavalli supereranno quota duecento quando, sul BDC, venne aggiunta l’iniezione.
Il propulsore creato dalla Cosworth era molto versatile tanto che, oltre che nei rally, venne impiegato anche in pista: il debutto avvenne con il BDD di 1.600 cc e 202 CV utilizzato, a partire dalla stagione 1971, sulle monoposto di Formula Atlantic. L’anno dopo con la cilindrata portata a 1790 cc il BDE, che grazie all’iniezione disponeva di 248 CV, fu utilizzato sulle monoposto di Formula 2 vincendo subito il titolo con l’ex motociclista Mike Hailwood.
Ma la Cosworth non si ferma e l’anno dopo, sempre per la F2, presenta il BDF: cilindrata di 1927 cc e 273 cavalli. Questo nuovo propulsore diventa ben presto il riferimento per tutti i motoristi della serie. La sua evoluzione è il BDG con una cilindrata di 1975 cc e 279 CV a 9.250 giri.
Nel 1973 appare, sempre sulla base del BDA, il BDH: è un propulsore di 1300 cc (cilindrata ottenuta con una corsa dei pistoni più corta ed un monoblocco anch’esso più corto) da 193 CV per le vetture di Gruppo 2 da pista.
All’inizio degli Anni ’80 Ford pensa ad una nuova vettura da rally, una Gruppo B a trazione posteriore con il telaio dell’Escort MK3, vettura che verrà sviluppata senza mai entrare in gara perché si capì che le due ruote motrici appartenevano al passato. Il motore era un’ulteriore derivazione del BDA, il BDT turbocompresso di 1778 cc con monoblocco in alluminio che nella versione stradale sviluppava 203 CV e 355 in quella da corsa. Questo motore dopo l’abbandono del progetto venne ridisegnato e, con una cilindrata portata a 1803 cc, con 253 CV nella versione stradale e circa 450 sulla Gruppo B da rally, utilizzato sulla RS200. La sua evoluzione, ed ultima tappa del cammino del BDA, fu il BDT-E studiato da Brian Hart che già aveva lavorato sul BDE di Formula 2. Con una cilindrata di 2137 cc sviluppò ben 590 CV a 8.000 giri e doveva venire montato sull’evoluzione della RS200 per la stagione 1987. La cancellazione delle Gruppo B dai rally fece si che il motore trovò posto nelle gare di rallycross. Con una Ford RS200 E2 da 652 CV il norvegese Martin Schanche vinse il titolo europeo nel 1991.