Jacky Icxk non ha certo bisogno di presentazioni. Un grande campione dell’automobilismo, vincente in tutte le discipline. Il belga, in particolare, è ricordato per le sue sei vittorie nella 24 Ore di Le Mans, un numero record superato solo nel nuovo millennio da danese Tom Kristensen.
Ma, a ben guardare, Ickx ha ottenuto un settimo successo nella maratona francese, forse meno conosciuto ma certamente importante quanto gli altri se non, forse, ancor di più. Nel 1985, a quarant’anni, chiude con le corse in pista mentre prosegue la sua esperienza nelle gare tout terrain, Ma è ovvio che le corse endurance siano ancora il suo mondo.
Nel 1990 lo cercano i giapponesi della Mazda. Da vent’anni hanno una magnifica ossessione: vincere la 24 Ore di Le Mans con un motore rotativo. Propongono a Ickx il ruolo di consulente, la sua esperienza può essere l’arma in più per riuscire nell’intento prima che, a partire dalla stagione 1992, il motore rotativo venga bandito dalle gare endurance.
Un suggerimento, quello di ingaggiare Ickx, tutto belga. Dall’inizio degli anni ’80 corre per i giapponesi Pierre Dieudonnè. Specialista delle gare Turismo (nel 1976 aveva vinto il titolo europeo), nel 1981 con una Mazda RX-5 vince la 24 Ore di Spa. È nato nel 1947 a Bruxelles mentre Ickx, nato pure lui nella capitale, è del 1945. Insomma, due coetanei che fanno lo stesso mestiere e che si conoscono benissimo.
Nella stagione 1990 Ickx arriva, osserva, annota ed inizia ad individuare i punti critici. I giapponesi pendono dalle sue labbra.
Per prima cosa il belga, che conosce come le sue tasche la Porsche 962, dominatrice per anni delle gare endurance, collabora con il progettista inglese Nigel Stroud consigliandogli come migliorare la 787 del 1990. Poi cambia completamente l’approccio del team alla gara: se prima Mazda effettuava diverse sessioni prolungate di test, Ickx propone la metodologia Porsche, ovvero due test di 24 ore in modo tale da verificare la tenuta della vettura per tutto l’arco della gara. Inoltre la squadra dovrà arrivare a Le Mans in netto anticipo rispetto alla gara per preparare tutto nei minimi particolari e non all’ultimo minuto come erano soliti fare i giapponesi.
Ma i suggerimenti di Jacky Ickx non si fermano qui. Propone di far gestire le vetture non dal team inglese di Alan Docking ma dai francesi dell’Oreca. Ha conosciuto la squadra di Hugues De Chaunac quando ha corso la Dakar con una Lada Niva dell’importatore francese Jean Jacques Poch ed è rimasto colpito dall’efficienza di quel gruppo di lavoro.
Ricorda De Chaunac: “Abbiamo allestito una base presso la nostra fabbrica, vicino al circuito Paul Ricard. Un gruppo di trenta giapponesi arrivò tre mesi prima di Le Mans per prepararsi alla gara. Facemmo una prima simulazione di gara sulla distanza della 24 ore durante la quale abbiamo avuto solo problemi… Mazda voleva riportare l’auto in Giappone per controllare tutto ma ho subito detto che non era possibile, tutti dovevano rimanere in Francia. Il circuito era libero la settimana successiva per un nuovo test e la squadra ha lavorato giorno e notte per apportare le modifiche alla vettura”. La seconda simulazione sul circuito del Paul Ricard viene interrotta dopo 27 ore senza aver riscontrato il minimo problema.
Jacky Ickx, nel frattempo nominato sul campo Direttore sportivo del team Mazdaspeed, cambia anche la metodologia di approccio alla gara: se prima si puntava sulla resistenza ed sull’affidabilità, adesso bisogna attaccare, spingere subito, fare una gara sprint lunga 24 ore.
Delle tre vetture portate a Le Mans la 787B numero 55 di Herbert-Gachot-Weidler avrà il compito di lepre, le altre due, una 787B per Kennedy-Johansson-Sala ed una 787 del 1990 per Dieudonnè-Yorino-Terada, adotteranno una tattica più conservativa in modo da arrivare comunque in fondo se l’auto di punta avesse dei problemi.
Avere ai box “Monsieur Le Mans” infonde fiducia a tutti: gli uomini ai box sanno di avere con loro una persona che conosce perfettamente le dinamiche di 24 Ore e che è in grado di prendere la decisione giusta al momento giusto, i piloti sanno di avere uno che parla la loro stessa lingua, uno che sa cosa vuol dire guidare a Le Mans.
Alle 16 del sabato la gara parte, le Peugeot si devono ben presto fermare perchè, come si sapeva, la loro affidabilità è precaria. Le Jaguar e le Porsche 962 sono dietro, penalizzate dalla zavorra aggiuntiva decisa dalla Federazione internazionale, e dai consumi eccessivi (in quella edizione le Gruppo C possono consumare al massimo 2550 litri di carburante). Davanti ci sono le tre argentee Mercedes C11 gestite dalla Sauber Motorsport, ad inseguire, spingendo al massimo, la Mazda 787B di Herbert-Gachot-Weidler che ha due punti di forza: l’affidabilità ed i ridotti consumi (1,9 litri al chilometro) del motore rotativo che riducono il numero delle soste. Inoltre i freni in carbonio della Mazda, novità per le gare di durata voluti da Oreca, si consumano meno di quelli tradizionali e quindi ai box si guadagna altro tempo prezioso.
Le Mercedes girano in meno di 3’40” (il giro più veloce sarà di Michael Schumacher in 3’35″564) contro i 3’42”-3’44” della Mazda ma consumano di più. I tre del team giapponese danno il massimo per costringere gli avversari a tirare e di conseguenza a consumare più benzina mettendo, allo stesso tempo, in crisi l’affidabilità delle vetture tedesche.
Una dopo l’altra le C11 si devono fermare per problemi meccanici mentre la Mazda gira come un orologio. Alle 13 la C11 di Schlesser-Mass-Fertè, l’ultima rimasta, si ferma per la rottura del supporto dell’alternatore, La Mazda passa davanti.
In quel momento c’è Johnny Herbert al volante, il più talentuoso e veloce dei tre anche se soffre ancora per le terribili fratture riportate nel 1988 in un incidente a Brands Hatch. Quando si ferma per il rifornimento Jacky Ickx gli chiede lo sforzo di fare anche l’ultimo turno di guida perchè teme il ritorno della Jaguar di Jones-Boesel-Fertè e l’inglese è il pilota che gli dà maggiore sicurezza.
Herbert accetta anche se i dolori alle gambe sono tremendi, durante la sosta, nella concitazione del momento, non gli riempiono la borraccia d’acqua. L’inglese ha crampi alle gambe e conati di vomito oltre alla gola secca, solo l’adrenalina lo tiene vigile. Mentre Jacky Ickx conta i minuti che mancano alle 16, ora in cui termina la gara.
Herbert taglia il traguardo e subito dopo sviene tra le braccia di suo padre, la Mazda corona il suo sogno e diventa il primo costruttore giapponese a conquistare la 24 Ore. Jacky Ickx per la settima volta è il re di Le Mans.

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