La Porsche 936, nata in due mesi all’inizio del 1976, in carriera seppe vincere per tre volte la 24 Ore di Le Mans ma oggi viene troppo spesso dimenticata a favore di altri modelli iconici della Casa tedesca

Se pensiamo alla Porsche ed alla 24 Ore di Le Mans probabilmente ci vengono subito in mente modelli iconici come la 917, la 935 oppure la 956/962. Pochi ricordano un modello che ha saputo per tre volte imporsi sul circuito francese (la 917 è ferma a due successi, uno per la 935) esaltando le doti di Jacky Ickx. È la Porsche 936. La 936 è il prototipo Porsche dimenticato. Questa Gruppo 6 è stata presente a Le Mans tra il 1976 e il 1981, ha vinto in tre occasioni e probabilmente avrebbe potuto farlo altre due volte.

Si decise di lavorare sulla 936 in una riunione tenutasi a Weissach alla fine del 1975 a cui erano presenti Norbert Singer, capo ingegnere Porsche all’epoca e capo progetto della 935 Gruppo 5, ed il motorista, divenuto presidente di Porsche nel 1972, Ernst Fuhrmann. Con loro il professor Helmuth Bott, responsabile del dipartimento ricerca e sviluppo e padre della futura 959 a trazione integrale. Ad un certo punto Fuhrmann portò la discussione sulle nuove regole del Gruppo 6 per il 1976 e rivolgendosi a Singer gli disse: “Stai sempre dicendo che hai un sacco di ricambi della 917 in magazzino, sospensioni e cambi. Abbiamo il motore dellal 935, tutto quello che dobbiamo fare è un nuovo telaio e una carrozzeria”. Subito i tecnici Porsche non capirono il perché volesse puntare su una Gruppo 6 “ma alla fine abbiamo capito che era perché un prototipo avrebbe avuto molte più possibilità di vincere Le Mans che di una vettura del Gruppo 5” ricorda Singer. Altri partecipanti alla riunione sostengono che fu Bott, che amava i prototipi e che considerava solo una macchina a motore centrale come una vera auto da corsa, a spingere verso la decisione di costruire la 936.

Porsche 936 1981

Chiunque fu il padre, il progetto fu varato e realizzato in breve tempo. E soprattutto segretamente dato che l’obiettivo era quello di sorprendere Renault, che nel 1976 sarebbe tornata sul circuito de La Sarthe con le sue Alpine. Questo spiega perché la 936 è stata sviluppata quasi completamente senza l’aiuto dei test del tunnel del vento. L’unico test è stato fatto quando l’auto era finita e avvenne nel tunnel Volkswagen a grandezza naturale. La 936 presentava un design molto convenzionale. Era una buona e solida macchina da corsa, una sorta di compromesso costruita con un budget basso. La vettura girò per la prima volta al Paul Ricard alla fine di febbraio, dopo un breve shakedown a Weissach. Quasi un record, considerando che il progetto non esisteva fino al dicembre precedente. Il telaio, rivisto, derivava da quello della 908 con le sospensioni e il cambio della 917/30. Il motore 6 cilindri turbo da 2.140 cc era quello usato sulla Porsche Carrera RSR Turbo apparsa nel 1974 e poi adottato anche sulla 935.

La prima gara fu la 300 Km del Nurburgring con la vettura dipinta stranamente di nero ed in quella stagione la vettura tedesca s’aggiudicò il Campionato mondiale Sport dominando la gara per cui è stata costruita: la 24 Ore di Le Mans. In quella edizione Jacky Ickx e Gijs van Lennep sono andati in testa alla fine della prima ora e ci sono rimasti fino al termine vincendo con un vantaggio di 13 giri.

Porsche tornò a Le Mans nel 1977 con un’evoluzione della vettura, con carrozzeria rivista ed il doppio turbocompressore, la vettura prese il nome di 936/77. Ickx faceva coppia con il tre volte vincitore di Le Mans Henri Pescarolo, mentre l’ingegnere e pilota Jurgen Barth condivideva l’abitacolo con lo statunitense Hurley Haywood. Contro di loro tre Alpine A442 ufficiali e una semi-ufficiale. Dopo tre ore di gara la vettura di Ickx-Pescarolo era già fuori gara, l’altra era molto indietro a causa di una lunga sosta all’inizio della seconda ora per sostituire la pompa di iniezione del carburante. Haywood-Barth non sarebbero mai riusciti a recuperare i 28 minuti persi ai box rispetto alle Alpine-Renault. Si decise, come ultima spiaggia, di far salire Ickx sull’unica vettura rimasta: alle 20.21 la grande impresa del belga stava per iniziare. Quasi tre ore dopo aveva fatto un nuovo record sul giro, era risalito tra i primi sei, otto giri dietro l’Alpine-Renault di testa. Aveva anche perso quattro chili di peso tali erano i suoi sforzi, ma questo non gli impedì di consegnare la macchina ad Haywood 90 minuti dopo. Quando Ickx scese dalla vettura per la seconda volta dopo un altro doppio stint, la Porsche 936 è al terzo posto, il distacco dal leader è sceso a sei giri e l’Alpine ha subito il suo primo guasto al motore. “Mentre li mettiamo sotto pressione, le vetture francesi hanno iniziato ad andare sempre più velocemente – ricorda Barth –. Poi si sono fermate una per una e siamo passati in testa”.

Come spesso accade anche la Le Mans 1977 ha avuto un colpo di scena finale. Dopo essere stato in macchina per una manciata di giri, Haywood torna ai box a 45 minuti dalla fine, con il sei cilindri boxer che fuma. Il motore è quasi morto, ma la 936 ha così tanto vantaggio sulla Mirage, seconda, che doveva solo arrivare in fondo per vincere. I tecnici Porsche staccano il terzo cilindro, ormai out, e nell’abitacolo ci va Jurgen Barth la cui occupazione principale è quello di essere un ingegnere motorista del reparto corse di Porsche. Il tedesco rimane ai box fino a quando mancano pochi minuti alla fine della gara, a quel punto esce e fa un paio di giri a velocità ridotta stando attento ai segnali che manda il motore e taglia il traguardo regalando alla Porsche un successo straordinario e inaspettato.

La squadra tornò a Le Mans nel 1978 con tre 936, due delle quali utilizzavano i motori con le nuove teste a quattro valvole raffreddate ad acqua già viste sulla 935. Due delle tre erano ai box già alla fine del secondo giro. Alla fine la migliore fu quella di Jckx, Barth e Bob Wollek secondi a cinque giri dalla Renault vincitrice.Non era nei piani correre con la 936 a Le Mans nel 1979. L’attenzione era concentrata sul motore per la serie Indycar utilizzato dal team Interscope di Ted Field. Cambiò tutto quando David Thieme, il boss dell’Essex Petroleum, decise di voler sponsorizzare Porsche. Solo ad aprile si decise di tornare a La Sarthe il che ha significato usare i pezzi che c’erano in magazzino. Una vettura è stata fermata da problemi di motore mentre Ickx è stato squalificato per aver ricevuto assistenza esterna dopo che una cinghia si era rotta.

La Porsche 936 si avvicinò a un’altra vittoria nel 1980, anche se i i testi e gli archivi suggeriscono che la Joest Racing guidata da Ickx e Reinhold Joest fosse un 908/80. In realtà non era altro che una 936 costruita dalla Porsche, modello che all’interno dell’azienda non si vedeva più di buon occhio, con una carrozzeria modificata. Quando era in testa la vettura ruppe la quinta marcia permettendo a Jean Rondeau di diventare il primo uomo a vincere la gara con una vettura che porta il suo nome.

In quell’anno l’americano Peter Schutz prende il posto di Fuhrmann alla guida del consiglio di amministrazione di Porsche. I programmi per il 1981 prevedevano di correre con la 944 non in grado di ottenere vittorie assolute. Schutz chiese cosa si poteva fare per essere competitivi e la risposta fu una: correre con la 936. Cambiati i regolamenti, si potè utilizzare il motore turbo sviluppato per l’Indycar. Il motore era affidabile, tutto quello che c’era da fare era passare dal metanolo alla benzina.In quell’anno rientra in Porsche Derek Bell e fa coppia con Jacky Ickx. I due sono affiatati, la vettura competitiva ed il terzo successo a Le Mans è la logica conclusione.Il successo in Francia ha portato alla decisione di costruire la 956 per il Gruppo C che sarebbe entrato in vigore l’anno dopo. “La decisione di andare nel Gruppo C è stata presa solo dopo Le Mans – dice Singer –. Ci siamo resi conto dopo aver vinto che avevamo un motore potente e affidabile e che ha giocato un ruolo importante nella decisione“. I successi della 936 sono stati raggiunti con solo tre telai. non ci sono mai state auto per i clienti e questo ha contributo a offuscarne il ricordo.