In origine le vetture da corsa portavano i colori delle nazioni di appartenenza, solo sul finire degli anni ’60 marchi non legati al mondo dell’ato entrarono nel motorsport

All’alba del XX secolo, l’automobilismo sportivo era ancora agli inizi. Le gare, spesso massacranti e prive di regole precise, vedevano sfidarsi vetture di diverse nazionalità, rendendo difficile l’identificazione dei concorrenti. Fu così che, nel 1900, in occasione della Coppa Parigi-Lione, venne adottata per la prima volta l’assegnazione di un colore distintivo a ciascuna nazione partecipante. Francia blu chiaro, Germania bianco, Italia, rosso, Gran Bretagna verde, Belgio giallo, Stati Uniti bianco con striscia azzurra.

L’idea si rivelò vincente e da quel momento i colori nazionali divennero parte integrante delle corse automobilistiche, dando vita a livree iconiche che si impressero nella memoria degli appassionati. Il rosso corsa italiano, simbolo di passione e velocità, il British Racing Green inglese, espressione di eleganza e sportività, e l’azzurro Francia, emblema di orgoglio nazionale, sono solo alcuni esempi di come i colori abbiano contribuito a creare l’identità di una scuderia e di un’intera nazione.

Dagli anni ’60 in poi, il panorama delle corse automobilistiche iniziò a cambiare. L’aumento dei costi e la professionalizzazione del motorsport spinsero le scuderie a cercare nuove fonti di finanziamento. Fu così che nacquero le sponsorizzazioni, che presto influenzarono anche i colori delle vetture.

Le prime sponsorizzazioni erano principalmente legate a fornitori tecnici, come Shell, Esso e Dunlop, che fornivano carburante, pneumatici e altri componenti in cambio di visibilità sulle carrozzerie. Impossibile dimenticare i colori della Gulf prima con le Ford GT40 vincitrici di due 24 Ore di Le Mans e successivamente con le Porsche 917 e 908 del team di John Wyer che in seguito gestì le Ford Mirage vincendo ancora una Le Mans.
Successivamente, un nuovo tipo di sponsor entrò in scena: i “tabaccai”. Marchi come Marlboro, John Player Special e Rothmans investirono ingenti somme nel motorsport, diventando alcuni degli sponsor più noti e influenti. Le loro livree, spesso sgargianti e innovative, divennero iconiche e contribuirono a rendere le corse automobilistiche ancora più popolari.Tra le prime auto di F1 con una livrea non convenzionali c’è la Lotus 49 del geniale Colin Chapman: da verdi con striscia gialla le Lotus divennero bianco/rosso/oro, i colori delle sigarette Gold Leaf di proprietà della John Player.

Oltre alle case automobilistiche e ai fornitori tecnici, altri settori come le bevande (Martini), le compagnie aeree (Alitalia), le telecomunicazioni (Vodafone) e l’abbigliamento (Puma) hanno avuto un ruolo importante nella sponsorizzazione delle corse automobilistiche. Sponsorizzazioni come quelle di Red Bull in F1 e Nascar, Monster Energy in MotoGP e Martini Racing nelle gare endurance sono esempi di come le multinazionali utilizzino lo sport per aumentare la propria visibilità e associare il proprio marchio a valori come la velocità e l’agonismo.