Due piloti considerati negli anni ’70 tra i migliori della Formula 1 trovarono entrambi la morte al volante di una monoposto della squadra americana ed entrambi sulla pista di Kyalami in Sud Africa
Sono una ventina i piloti che si sono succeduti al volante nelle otto stagioni di vita della Shadow in Formula 1. Onesti comprimari hanno lasciato il posto a campioni in cerca di rilancio, piloti con il portafoglio si sono alternati con giovani che dal team di Don Nichols hanno spiccato il salto verso la gloria. E c’è anche chi, con le vetture del team anglo-statunitense, ha concluso tragicamente non solo la carriera di pilota ma anche la vita. Sono Peter Revson e Tom Pryce che, a tre anni di distanza, hanno interrotto la loro parabola terrena entrambi – le beffe del destino – con un incidente mortale sulla pista sudafricana di Kyalami.
Profumo di corse. Peter Revson era nato il 27 febbraio 1939 a New York ma la sua famiglia arriva da molto più lontano. Il nonno, Samuel Morris Revson, era un ebreo russo che abbandonò la terra natale per non arruolarsi nell’esercito zarista. I suoi tre figli diedero vita nel 1932 ad un’industria di cosmetici destinata a diventare un impero, la Revlon. Uno di loro, Martin, sposò nel 1938 una cantante di night club, Julie Phelps Hall, che l’anno successivo diede alla luce Peter. Il lusso e gli agi non mancano in casa Revson. Per il piccolo Peter i genitori scelgono le migliori scuole prima di mandarlo alla Cornell University nello stato di New York. Nel 1958 Revson entra nell’azienda di famiglia. Nel 1961, alle Hawaii, prende parte alla sua prima gara con una Morgan. Le competizioni, pian piano, affascinano sempre di più Peter: nel 1962 con l’ex compagno di studi alla Cornell University Timmy Mayer dà vita ad una squadra, la Rev-Em Formula Junior team, con cui corre anche il fratello di Tim, Teddy Mayer. Che alcuni anni dopo diventerà proprietario della McLaren. Peter è sempre più innamorato delle corse. E con lui il fratello minore Douglas, nato nel 1941.
Nel 1963 si sposta in Europa per partecipare a gare di Formula Junior, a fine anno corre una gara di F1 non valida per il Campionato, la Gold Cup a Oulton Park. Nel 1964 Tim Mayer muore in una gara della Tasmanian Cup ed il team cambia nome in Revson Racing, diretto da Reg Parnell. Il pilota statunitense partecipa ad undici gare (sei delle quali del Campionato del Mondo di F1) con una Lotus-BRM. I risultati non sono granché e per il 1965 Peter Revson si dedica a qualche gara di Formula 2 e F3, in questa serie vince il prestigioso Prix di Monaco, classico “antipasto” della gara di Formula 1. Ma a fine anno torna a correre negli Usa gareggiando nella serie Can-Am. Nel 1969 un altro grave lutto nella vita di Revson: al volante di una Brabham-Ford di F3 muore il fratello Doug, assieme al danese Jens Christian Legarth, sul circuito Ring Djursland in Danimarca. Questo non ferma Peter, quinto ad Indianapolis con una Brabham-Repco. Nel 1970 si piazza secondo, assieme all’attore Steve McQueen, con una Porsche 908 nella 12 Ore di Sebring mentre l’anno dopo vince la serie Can-Am. Ma la Formula 1 continua ad attrarre il pilota statunitense che nel 1972 firma un contratto con il team Yardley McLaren diretto dall’amico Teddy Mayer. Contemporaneamente Revson corre nel Mondiale Marche con un’Alfa Romeo 33 ufficiale.
In F1, a Silverstone, arriva la prima vittoria. Alla partenza Jody Scheckter innesca una carambola che coinvolge una decina di vetture: ad avere la peggio è Andrea De Adamich che riporta fratture agli arti inferiori. Alla seconda partenza, un’ora e mezzo dopo, Revson è sesto. In pochi giri sale al terzo posto, quando Emerson Fittipaldi si deve fermare per la rottura del cambio passa secondo ed attacca l’altro pilota della Lotus, Ronnie Peterson. Lo supera al 38° giro e va a trionfare. Il secondo successo arriva a Mosport, in un bagnato GP del Canada. Una vittoria tra le polemiche dato che a lungo si disse che il vero vincitore sarebbe stato Fittipaldi, classificato secondo e “scippato” del primo posto dai cronometristi andati in confusione a causa di un incidente. A fine anno Revson, non più in sintonia con Mayer e voglioso di mettersi alla prova con un altro team, firma per la Shadow. Il 22 marzo 1974, in una sessione di test in vista del GP del Sud Africa sulla vettura si rompe la sospensione anteriore e per il pilota statunitense, che va a sbattere contro un muretto, non c’è nulla da fare.
Il gallese sfortunato. Tre anni dopo, sulla stessa pista sudafricana troverà la morte Tom Pryce. È un gallese (nato l’11 giugno 1949 a Ruthin) che con James Hunt (Campione del Mondo nel 1976) e Tony Brise, perito in un incidente aereo con Graham Hill nel 1975, rappresentò per alcuni anni la speranza britannica in F1. Figlio di un sergente di polizia, inizia nel 1970. Vince in Formula Ford prima di passare alla Formula Vee ed alla Formula 3 nel 1972 dove corre poche gare perché a Monaco si rompe una gamba. L’anno dopo passa in F2 con la Motul Rondel Racing, il team di Ron Dennis (che una decina di anni dopo diventerà proprietario della McLaren). Miglior risultato è il secondo posto al Norisring dietro al compagno di squadra Tim Schenken.
Per il 1974 Dennis vuole esordire in F1 con una sua monoposto, la Token, ma viene a mancare l’appoggio della Motul ed il progetto è venduto agli uomini d’affari Tony Vlassopoulo e Ken Grob. La vettura fa la sua apparizione nel GP del Belgio con Pryce alla guida che si deve ritirare per la rottura della sospensione. Nel successivo GP di Monaco l’iscrizione della Token viene rifiutata ed allora Pryce disputa la corsa di Formula 3 con una March 743 della Ippocampos Racing. Il gallese surclassa la concorrenza e vince alla grande attirando su di sé le attenzioni della F1. La Shadow, che dopo la morte di Revson aveva fatto correre Brian Redman, lo ingaggia a partire dal GP d’Olanda, in Germania ottiene il suo primo punto mondiale. Nel 1975 è terzo in Austria, conquista la pole position a Silverstone e vince la Corsa dei Campioni a Brands Hatch. Nel 1976, sempre al volante della Shadow, si piazza terzo in Brasile. Il gallese inizia la stagione 1977 deciso a far bene ma durante il GP del Sud Africa trova la morte. Un giovane commissario di percorso va a soccorrere il suo compagno di squadra Renzo Zorzi, fermo a bordo pista, Pryce lo investe e l’estintore lo colpisce in pieno viso uccidendolo sul colpo.