In mezzo ai grandi della sua epoca ha saputo conquistarsi il suo spazio fino ad essere riconosciuto come il miglior stradista dell’automobilismo italiano. E lo testimoniano le quattro Mille Miglia vinte (Nuvolari e Campari si sono fermati a due) e le due Targa Florio in bacheca. Benchè nato a Buddusò, in provincia di Cagliari, nel 1898 al seguito del padre veneto, Clemente Biondetti era profondamente toscano.

Da ragazzo inizia a lavorare nell’officina fiorentina di Roberto Barsanti dove, nel primo dopoguerra, conosce altri giovani di buona famiglia appassionati di automobili: tra loro ci sono i conti Carlo e Giulio Masetti, il conte Gastone Brilli Peri, il marchese Niccolini ed Emilio Materassi, autista di corriere per la fiorentina Sita. Saranno noti anche come quelli “del bar di via Tornabuoni” dal posto in cui si trovavano abitualmente.

Con i suoi risparmi, all’inizio degli anni ’20, Biondetti si compra una moto, una Galloni 500, che utilizza per le prime corse: debutta a Torino alla Sassi-Superga nel 1923, vince la classe alla Vermicino-Rocca di Papa, si mette in evidenza sul circuito dei Monti Peloritani in Sicilia. L’anno dopo con una Norton 500 vince il circuito pisano mentre nel 1925 fa suo il Campionato provinciale di Pisa.

Nel 1926, al circuito motociclistico di Ostia, è vittima di un gravissimo incidente: Biondetti, Bassi e Boris affrontano un ponte molto stretto ma nessuno vuole chiudere il gas. Il risultato è che Bassi muore sul colpo, Boris rimane in coma e Biondetti se la cava con ventiquattro fratture…

Rimane fermo per quasi una stagione e quando riprende, nel 1927, a ventinove anni, lascia le moto per le quattro ruote. Inizia con una piccola Salmson 1100 con cui ottiene parecchie vittorie di classe (tra le altre quelle alla Coppa Ciano, alla Susa-Moncenisio ed al Circuito del Montenero di Livorno) vincendo nel 1929 il Campionato italiano di categoria.

Passa quindi ad una Bugatti con cui ottiene le sue prime vittorie, alla Collina Pistoiese del 1929 ed alla Pontedecimo-Giovi. Nel 1930 vince la Coppa della Consuma ed ottiene un prestigioso terzo posto al Gran Premio di Tripoli che si correva sulle strade della città libica dato che l’autodromo della Mellaha sarebbe stato inaugurato solo nel 1934. A fine stagione conquista il titolo di Campione Italiano 1500.

Negli anni successivi i risultati sono meno positivi anche perché corre a sprazzi ma nel 1936, a 38 anni, Biondetti viene ingaggiato dall’Alfa Romeo: è primo nella cronoscalata francese Develiers-Les Rangers, si piazza terzo nella salita dello Stelvio ed è quarto alla Mille Miglia.

Nel 1938 arriva la consacrazione con la vittoria nella Mille Miglia al volante di un’Alfa Romeo 8C 2900B spider, assieme ad Aldo Stefani. Una vittoria indimenticabile, con il tempo di 11.58’29”, due minuti in meno dei compagni di squadra Pintacuda-Mambelli. Biondetti copre il percorso alla media di 135,391 km/h, media record che durerà fino all’edizione del 1953.

Arriva la guerra e Biondetti si trova di nuovo a piedi. Ma vuole esserci nell’edizione 1947 della Mille Miglia, quella della rinascita. Non ha un ingaggio ma prende il treno da Firenze e raggiunge comunque Brescia, non si sa mai… Nella città lombarda incontra il pilota e preparatore Emilio Romano, iscritto con un’Alfa Romeo 8C 2900 B assieme ad un gentleman driver veneto che alla presenza di Biondetti lasciò subito (non si sa quando “invogliato” a farlo…) il posto al fiorentino. I due partono belli carichi e vanno a vincere con 16 minuti di vantaggio sulla Cisitalia 202 SMM Spider di Tazio Nuvolari e Francesco Carena che furono a lungo in testa fino a quando un forte temporale li costrinse a rallentare.

Nei due anni successivi viene ingaggiato dalla Ferrari: con una 166 nel 1948 vince la Targa Florio con il francese Igor Troubetzkoy e, assieme a Giuseppe Navone, la Mille Miglia mentre l’anno dopo fa il bis: in coppia con Ettore Salani nella “Freccia Rossa” e con Aldo Benedetti in Sicilia. In quegli anni è sicuramente uno dei più forti stradisti al mondo nonostante abbia ormai già cinquant’anni, alla bravura unisce l’esperienza e la capacità di scegliere la tattica migliore.

Nonostante i suoi successi in Italia Biondetti viene considerato sempre un gradino sotto agli altri campioni del suo tempo ed allora nel 1950 per dimostrare le sue capacità accetta la corte di Lofty England, team manager della Jaguar, che gli offre di correre con la nuova XK120. I britannici puntano sull’esperienza di Biondetti per sviluppare su strada la vettura. Con il team inglese Biondetti corre alla Targa Florio assieme a Gino Bronzoni: il toscano era secondo dietro alla Ferrari di Alberto Ascari con due minuti di vantaggio su Bracco, tre su Marzotto e quattro su Villoresi quando dovette ritirarsi per la rottura di una biella. Biondetti si presenta poi alla Mille Miglia e nonostante una raffica di problemi finisce ottavo. Quell’anno prende parte al suo unico Gran Premio di Formula 1: corre con il telaio di una Ferrari 166 ed il motore della Jaguard XK ma riesce a completare appena una quindicina di giri.

Negli anni successivi i risultati non sono particolarmente eclatanti ma per la Mille Miglia 1952 venne ingaggiato dalla Ferrari: parte su una 225S in coppia con Ercoli, ma deve ritirarsi. Biondetti guida per la Ferrari anche alla 10 Ore notturna di Messina dove va a vincere in coppia con Franco Cornacchia. Nel 1953 è ottavo alla Mille Miglia su una Lancia D20 (nel finale si rompe l’albero di trasmissione ed il coequipier Barovero deve spingere la vettura per sei chilometri fino al traguardo) e vince la Coppa della Toscana.

Anche nella stagione 1954 si presenta al via di alcune tra le più prestigiose gare italiane nonostante sia già malato di cancro alla gola, un “regalo” delle innumerevoli sigarette che fumava. Con la Ferrari vince la 6 Ore di Bari, è quarto alla Mille Miglia e quinto alla Targa Florio. Il 24 febbraio 1955 chiude gli occhi per sempre nella sua Firenze dove viene sepolto.